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© Matthieu Gafsou / Galerie C / MAPS
MATTHIEU GAFSOU

H+

Il Transumanesimo è un movimento che si dà come obiettivo quello di migliorare le performance cognitive, psichiche e fisiche dell’uomo attraverso l’utilizzo della scienza e della tecnologia. Spesso abbreviato con la sigla H+, è il soggetto della mostra del fotografo svizzero Matthieu Gafsou, tra i maggiori talenti emergenti sulla scena internazionale. Il progetto costituisce una vasta ricerca su questo fenomeno, svolta all’interno di istituzioni scientifiche, laboratori e comunità in diversi paesi. A partire dalla capillare diffusione degli smartphone, che costituiscono ormai l’estensione del corpo di miliardi di individui, il lavoro documenta dispositivi e innovazioni che vanno dai supporti medici (pacemaker, protesi, arti cibernetici) agli innesti di microchip, dai cibi sintetici alle strategie anti-invecchiamento.

Sede della mostra

Pinacoteca Nazionale
Palazzo Pepoli Campogrande
Via Castiglione, 7

BIOGRAFIA

Matthieu Gafsou (Svizzera francese, 1981) vive e lavora a Losanna, Svizzera. Dopo aver conseguito un Master in Filosofia, letteratura e cinema all’Università di Losanna, ha studiato fotografia alla Scuola di Arti Applicate di Vevey. Dal 2006, ha partecipato a numerose mostre collettive e ha tenuto personali, ha pubblicato cinque monografie ed è stato inserito in numerosi cataloghi di mostra. Nel 2009 ha ricevuto il prestigioso “Prix de la Fondation HSBC pour la photographie” e successivamente, nel 2010, è stato invitato a prendere parte alla mostra “reGeneration2” della Aperture Foundation. Nel 2014, il Musée de l’Elysée di Losanna ha ospitato la personale di Gafsou intitolata Only God Can Judge Me. Nel 2018, la mostra H+ è stata uno dei momenti salienti dei Rencontres de la Photographie ad Arles. Parallelamente alla sua pratica artistica, Gafsou è docente all’Università di Arte e Design di Losanna (ECAL) dal 2012.

© Matthieu Gafsou / Galerie C / MAPS
Sede della mostra

Pinacoteca Nazionale
Palazzo Pepoli Campogrande
Via Castiglione, 7

Costruito a partire dagli anni sessanta del XVII secolo, il palazzo fu pensato come residenza della famiglia Pepoli, prima commercianti di stoffe e in seguito cambiavalute e banchieri, una delle casate più in vista di Bologna.
Le sale sono affrescate dai principali protagonisti della grande decorazione bolognese della seconda metà del Seicento e degli inizi del secolo successivo: Giuseppe Maria Crespi, Ercole Canuti, i fratelli Rolli e Donato Creti.